Don Papini: «Ieri come oggi, ci esorta a cammini di conversione»
Carlo Pellegrini
Il precursore e martire, Giovanni Battista, è l’unico santo di cui la Chiesa celebra liturgicamente sia la nascita che la morte.
Il suo nome ha raggiunto gli angoli più impensabili della terra. Infatti, a lui sono dedicate diocesi, parrocchie e singole chiese sparse ovunque. Vanta perfino alcuni patronati.
L’ indimenticato musicista e compositore m° can. Dino Menichetti, sacerdote diocesano, tra il 1959 e il 1992, compose in onore della nascita di san Giovanni Battista un mirabile oratorio per soli, coro e orchestra che fu eseguito per la prima volta a Lucca il 7 maggio 1994 e il giorno successivo a Genova.
In prossimità della solennità liturgica della nascita di san Giovanni Battista, 24 giugno, don Giovanni Papini, sacerdote al servizio delle parrocchie della città di Pescia, ci descrive efficacemente, in queste due domande che seguono, la sua straordinaria e luminosa figura.
Cosa dobbiamo trarre dalla solennità liturgica della nascita di san Giovanni Battista?
«Luca, collega la nascita di Gesù con il racconto della nascita di Giovanni Battista: quella di Gesù è una nascita verginale mentre Elisabetta è sterile a significare che Cristo prende forma in noi attraverso il “limite” e la “debolezza” (2Cor 12,9; 1Cor 1,27), ciò che è apparentemente “inadeguato” a dare vita.
Questo ci fa aprire gli occhi in un tempo in cui i nuovi modelli produttivi, organizzativi, tecnologici, economici e relazionali non sono più finalizzati all’uomo e riconoscono solo ciò che è “adeguato” poiché si identifica con quei modelli, mentre estromettono dal processo produttivo le fasce socialmente più deboli, considerate “sterili” ed “inadeguate”. La persona che non si sacrifica a questo idolo del mercato totale, rischia, a causa della velocità di cambiamento nei sistemi produttivi, di perdere il senso dell’unità e dell’identità, il rapporto con la propria anima, il centro che può unirla interiormente e permetterle di collegare se stessa con gli altri e con l’universo.
Quella di Giovanni nel deserto è un’ascesi della trasformazione, egli si sposta dalla periferia delle identificazioni con i modelli che negano l’identità personale, al centro del proprio essere. E’ il luogo in cui gli si rivela ciò che abita nel cuore (Dt 8,2), lo educa alla conoscenza di sé, lo fa confrontare con la tendenza a vivere in modo narcisistico intorno a sè e rendere consapevole della necessità di un cammino di “conversione”, di cambiamento radicale nel modo di pensare e di agire. Egli attraversa se stesso, come Israele attraversa il deserto, per andare verso la sua anima (Gn 12,1) e questo gli permette di riconoscere Gesù quando viene verso di lui (Gv 1,29-34): riconosce ciò che sente nell’anima come la vera vita».
Quale immagine possiamo ricavare dai Vangeli per definirne la figura straordinaria?
«Il ritratto del Battista lo fa Gesù in Mt 11,7-11 quando si rivolge a dei messaggeri che Giovanni gli ha inviato per chiedergli se è lui il Messia che Israele attende (Mt 11,3).
Giovanni è la sintesi di tutto il vecchio Testamento, della legge e dei profeti che in lui, nel suo atteggiamento interiore, nel suo modo di pensare e di agire, trovano il loro compimento, poiché il Regno di cui ci parla Gesù non è un “luogo” ma un modo di “essere” nella vita, non è un “qualcosa” ma un “qualcuno” che riconosciamo venire verso di noi (Gv 1,29-34).
Il modo in cui Gesù parla del Battista presenta un uomo che sta dentro la storia, ha compreso chi è Gesù per lui e cosa deve fare praticamente e per questo si pone a servizio del messaggio che rende l’uomo adulto spiritualmente, per essere cosciente di ciò che fa con i propri pensieri, sentimenti, ed atti personali e permette ad una comunità concreta di farsi strumento di riconciliazione, cosa che la obbliga ad una “conversione”, ad una revisione delle proprie scelte per dare vita ad una comunità umana in cui Dio non viene presentato e vissuto come l’idolo che chiede la vita ed il sangue dei suoi figli ma come Colui che dà ad essi la propria vita affinché essi abbiano la “Sua”».
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