«I bambini di strada? A Montecatini?», «Si» mi risposero le suore salesiane che erano venute a salutarmi dopo un mese dal mio ingresso a Pescia. Erano un piccolo gruppo, tutte anziane e fino a quel momento mi avevano raccontato la storia del loro mitico Istituto don Bosco, che aveva formato generazioni di montecatinesi, prima solo ragazze, poi anche maschi. I toni erano stati di orgoglio e di soddisfazione per il servizio educativo di qualità da loro compiuto, ma anche di tristezza e di nostalgia per un tempo ormai passato.
Il calo vertiginoso delle vocazioni e l’innalzarsi dell’età, le aveva costrette a cedere la scuola ad una cooperativa vicina a CL che per altro stava facendo un ottimo lavoro, ed esse si erano ridotte in un angolo dell’edificio. Ma, e i loro gli occhi brillarono, avevano aperto da un po’ di tempo un doposcuola per i bambini di strada! Si, i bambini degli immigrati principalmente, i cui genitori si arrangiavano in mille lavori spesso invisibili, e che non potevano badarli a casa.
Erano allora una trentina, di tutti i colori e di tutte le lingue e le nazionalità: andai a conoscere questa nuova impresa delle figlie di don Bosco, che mi sembrava in perfetta linea con il carisma del loro fondatore e rimasi ammirato. Questo è il loro ultimo splendido dono che negli ultimi anni è cresciuto nel numero dei ragazzi e dei volontari che lo mantengono tuttora vivo.
Oratorio Don Bosco
Un’impresa che vorrei fosse in qualche modo adottata dalle comunità parrocchiali della città e dalla Diocesi: questo è quanto ho manifestato a Suor Marisa e Suor Graziella, le ultime due suore che qualche settimana fa, sono andato a visitare prima che partissero, per salutarle e ringraziarle a nome di tutta quanta la nostra Chiesa pesciatina, per il bene che la loro famiglia religiosa vi ha seminato generosamente.
+ Roberto