Durante la Messa di sant’Allucio il vescovo Fausto ha dato inizio all’anno pastorale e ordinato quattro nuovi diaconi permanenti. Il Vescovo ha ricordato come ogni volta che si compie gesti di amore si semina la speranza. Il tema della speranza ricorre infatti anche nel titolo della prima lettera pastorale di mons. Tardelli alla diocesi “In spe fortitudo“, un’espressione che accompagna il suo stemma episcopale e che è stata ripresa dal libro di Isaia (30,15) «nell’abbandono confidente sta la nostra forza».
Domenica 20 ottobre alle ore 17:30 il vescovo di Pescia mons. Fausto Tardelli ha presieduto in Cattedrale la messa di sant’Allucio, compatrono della diocesi alla presenza del vescovo emerito mons. Roberto Filippini, del capitolo dei canonici, del clero diocesano e di numerosi fedeli. Questa celebrazione segna l’inizio dell’anno pastorale e proprio in vista di questo nuovo inizio mons. Tardelli ha scritto la sua prima lettera pastorale da vescovo di Pescia indirizzata a tutta la Diocesi dal titolo «In spe fortitudo» con la quale indica il cammino da fare insieme. Il documento è stato poi distribuito a tutti i sacerdoti e fedeli presenti per poi divulgarlo in tutte le parrocchie. Durante la messa il Vescovo ha ordinato anche quattro nuovi diaconi permanenti: Alessandro Pippi della comunità di S. Michele Arcangelo di Ponte Buggianese; Andrea Ercolini della comunità di S. Maria Assunta in Castellare di Pescia; Giacinto (Gino) Viola della comunità di S. Michele Arcangelo di Ponte Buggianese e Paolo Mori della comunità dei SS. Pietro e Marco di Pieve a Nievole.
Il nuovo anno pastorale 2024/2025 si apre infatti all’insegna della speranza come ci invita il Santo Padre Francesco che ha indetto per il 2025 l’anno giubilare dandogli come tema: “Pellegrini di speranza”. La speranza come forza che ci pone fiduciosi nelle mani di Dio per la realizzazione del suo Regno sull’esempio del nostro compatrono Allucio spiega il vescovo nell’ omelia della Messa:
«Sant’Allucio, santo della carità, dell’accoglienza, della riconciliazione, della semplicità umile ma anche della forza innamorato di Cristo adorato e ricevuto nell’Eucaristia, che ha incarnato e vissuto le beatitudini proclamate questa sera nel vangelo, è sicuramente un testimone di speranza un segno di grande speranza. Precursore in un certo senso di Francesco d’Assisi, come lui poteva dire, animato dalla speranza incrollabile nel Signore: “tanto è il bene che mi aspetto, che ogni pena m’è diletto”. Il suo impegno senza limite nella carità era sostenuto da una speranza incrollabile nel Signore che trasfondeva in coloro che lo incontravano.
E’ così, infatti. Ogni volta che si fa strada la carità, che si compiono gesti di amore e di servizio autentico al prossimo, si semina la speranza, si gettano nel mondo semi di speranza. E noi siamo chiamati proprio a questa seminagione abbondante di speranza nel mondo di oggi. Dobbiamo diventare sempre di più uomini e donne di speranza che con la loro vita – come fece sant’Allucio nel suo tempo – la seminano in questo mondo a volte così triste e depresso. Non credo che occorra spendere molte parole per dire quanto il nostro mondo e le persone soffrano per speranze corte, deluse e infrante. E quando la speranza muore, il cielo si fa davvero buio e nella vita cala la notte mentre prendono campo i demoni della disperazione e della violenza.»
La lettera pastorale del vescovo è dunque un invito a riflettere se davvero la speranza abita in noi, se la alimentiamo e se la nostra vita e quella delle nostre comunità parrocchiali, è capace di suscitare speranza all’interno della nostra società.
Successivamente il vescovo ha elencato i principali momenti che vedranno la diocesi impegnata a riflettere sulla virtù della speranza: il Giubileo che si aprirà in ogni Diocesi del mondo domenica 29 dicembre prossimo e che farà convergere sulla tomba degli apostoli a Roma moltissimi pellegrini e il cammino sinodale che, unitamente alle chiese che sono in Italia, stiamo compiendo in diocesi. Il sinodo è un segno di grande speranza per cui il vescovo ha chiesto a tutti i fedeli, innanzitutto ai presbiteri e ai diaconi: «di lasciarsi coinvolgere appieno in questo percorso sinodale. Esso ci permette di aprirci all’ascolto come chiesa e come singoli, per scoprire le attese di vangelo presenti oggi nei cuori e nella società, le sfide cioè che lo Spirito Santo ci chiede di affrontare col suo aiuto ma anche le risposte – almeno le principali – che dobbiamo insieme imparare a dare».
Infine mons. Tardelli ha concluso l’omelia ricordando il cammino da fare insieme durante l’anno pastorale come veri discepoli di Gesù: «L’anno pastorale non è altro se non il cammino di discepoli di Gesù che nel tempo imparano a seguire il loro maestro sempre di più sulla strada dell’amore vero, del servizio autentico, della generosa e gratuita dedizione. Guai, se considerassimo l’anno pastorale come una serie di attività da fare, al modo di un’azienda, o se pensassimo a tutti i nostri impegni come ad un’opera nostra, alla fine inevitabilmente sterile, come ad un insieme di cose da fare per passare il tempo e produrre una qualche agitazione nella nostra città e nei paesi.»
Luca Parlanti