La bella storia di Vania ci evidenzia come “la missione”, può essere nella propria parrocchia e nella Diocesi
Domenica 30 agosto prossimo, Vania Pirrone di Monsummano Terme riceverà la consacrazione secondo il Rito dell’Ordo Virginum dalle mani e per la preghiera del nostro Vescovo Roberto Filippini.
La celebrazione si terrà, alle ore 21, nel santuario di Maria SS.ma della Fontenova di Monsummano Terme.
Sin da ora siamo tutti invitati a partecipare soprattutto con la nostra preghiera a questo straordinario evento diocesano.
Mentre eleviamo la nostra lode e il nostro ringraziamento al Padre Celeste per questo dono e per questa grazia, Vania ci parla della sua risposta alla chiamata del Signore.
Come comincia la tua storia?
«Sono cresciuta nel gruppo giovanile parrocchiale. Subito dopo la Cresima avevo il desiderio di restare, e ho incontrato un gruppo di ragazzi poco più grandi di me che già vivevano esperienze in Parrocchia.Erano gli anni della scuola superiore, della voglia di essere grandi e anche di fare cose nuove e di sentirsi utili. Il tempo dei primi amori e dell’amicizia vera, da cui sembra dipendere tutto. In quegli anni ho sperimentato il mettersi a servizio, in maniera gratuita, che non era fare quello che mi piaceva, ma quello di cui c’era bisogno e farlo con gioia, la gioia che veniva dall’essere insieme a persone con cui stavo bene e con cui condividere un cammino, oltre alla vita quotidiana. Anche le mie scelte professionali si sono orientate sul servizio, studiavo alla scuola alberghiera e ho lavorato sin da subito, fino a fare una esperienza lunga all’estero. In quei mesi si è acceso in me questo spirito di servizio, riconoscevo che ero capace a riconoscere le necessità delle persone e a saper trovare i modi per poterle accogliere. Ho capito che forse quello era un dono e che avevo il desiderio di metterlo a servizio di chi veramente ne aveva bisogno. Così ho cambiato rotta e ho iniziato ad affacciarmi al mondo della disabilità. È nato in me anche il desiderio missionario e per alcuni anni ho lavorato con i ragazzi dell’Operazione Mato Grosso, fino a fare una esperienza di alcuni mesi in missione. Fu una esperienza forte che mi fece sentire forte il senso di impotenza, davanti alla povertà estrema, alla fame, la malattia, la morte. Io mi sentivo impotente e l’unica cosa che riuscivo a fare era affidare, tornare davanti al Signore e rimettere tutto e tutti nelle Sue mani, in terra di missione, davanti alla mia impotenza ho scoperto la mia parte contemplativa, il desiderio di restare davanti a Gesù».
Sembrano due percorsi apparentemente molto distinti e lontani?
«Sì, apparentemente distinti, ma in realtà complementari l’uno all”altro. Ho iniziato così un percorso di discernimento, che dopo alcuni anni mi ha portato a vivere un periodo in un monastero di clausura. Un tempo bello e prezioso, finché non mi sono ammalata, in maniera importante e spaventosa. Sono tornata a casa, mi sono presa cura del mio corpo e mi sono reinterrogata sulla mia vita. Durante i mesi in monastero avevo capito quanto importanti fossero per me i rapporti umani, quanta vita veniva dal mettermi a servizio tra la gente, dal rimanere in mezzo agli ultimi. Così mi sono iscritta all’università e ho iniziato la mia carriera come terapista della neuropsicomotricità, il mondo della disabilità è tornato ad essere il mio palcoscenico: bambini e famiglie, accogliere, ascoltare, consigliare, dare strumenti, cercare di aggirare i punti di debolezza attraverso i punti di forza. Un lavoro lento e continuo, che prevede sempre di lavorare su di me, sul sapersi predisporre all’accoglienza dell’altro».
Quindi di nuovo il desiderio del servizio?
«Sì, continuavo a coltivare il desiderio missionario, e dopo un breve periodo in Togo ho chiesto alle suore della congregazione di Notre Dame de l’Eglise di vivere un periodo più lungo in una delle loro case. Così sono stata accolta e ospitata da una delle loro comunità, dove ho vissuto vivendo insieme a loro e alla popolazione di un piccolo villaggio del Togo; una esperienza bellissima, meravigliosa e stupenda, ogni giorno ringraziavo il Signore per quello che i miei occhi vedevano e il mio cuore viveva. Ogni giorno mi sembrava di aver visto già tutto e invece il giorno successivo il Signore tornava a stupirmi con il sorriso di un bambino, con i colori del cielo, con il pianto di un neonato o il dolore di una madre che perdeva il suo bambino. Ogni giorno sperimentavo la grandezza dell’Amore di Dio per me, Sua creatura e in quel lungo anno ho maturato in me il desiderio di consacrare la mia vita al Signore, tutta intera, così come ero, anche in quella occasione il mio fisico mi ha frenata nella voglia di andare e di fare, e di nuovo mi sono dovuta confrontare con la malattia, ma il mio cuore stavolta era molto più lieto».
Lasciare ancora la missione e di nuovo confrontarti con la malattia, che cambiamenti ha portato nella tua vita?
«Sono dovuta rientrare in anticipo in Italia, ho ripreso la mia attività lavorativa e di pari passo ho iniziato il servizio in Parrocchia, che non avevo più frequentato in maniera attiva. Tante volte mi era stato chiesto di prestare servizio come catechista e sempre avevo rifiutato, impegnata a fare “cose grandi”, invece in quel momento ho proprio sentito che, dopo aver girato e rigirato il mio posto era proprio qui, qui ed ora. Ho iniziato un piccolo, ma costante servizio; il catechismo con i bambini, il servizio spiccio in parrocchia, nelle cose che c’erano da fare e ho continuato a coltivare in me il desiderio di dono totale al Signore, così ho portato questo mio desiderio al Vescovo che lo ha accolto e mi ha indirizzato verso il percorso dell’Ordo Virginum, che conoscevo appena».
E quindi è iniziato un altro discernimento?
«Sì, ho iniziato così un percorso di formazione… ho conosciuto altre sorelle della nostra Diocesi, Alba, Mariella e Giulietta e poi ho partecipato agli incontri nazionali, e conosciuto tante donne che davvero vivevano la loro consacrazione al Signore nelle loro Diocesi, nella vita e nel servizio quotidiano e così, riguardando alla mia vita mi sono accorta di come il Signore mi aspettava proprio qui, qui ed ora. A casa mia, nella mia Parrocchia, nella mia Chiesa locale, che tutta la mia vita fatta di cose grandi e straordinarie, di persone e di luoghi lontani, tutta era per ritrovarmi qui oggi, a dire ancora un sì, un sì quotidiano».
Cosa vuol dire scegliere oggi l’Ordo Virginum?
«La Consacrazione nell’Ordo Virginum oggi è scegliere di mettere Cristo al di sopra di tutto, di continuare a desiderare una vita buona, di restare con la lampada accesa, consapevole che il Signore non smette di chinarsi su di me, sulla mia piccolezza, sul mio peccato, sapendo che sempre mi ama e che tutto concorre al bene di chi Lo ama, per essere già in questa vita immagine della Chiesa, sposa di Cristo. Così rendo Grazie al Signore, con Maria canto il mio Magnificat e ho chiesto che questa Consacrazione sia proprio nei giorni della Festa di Maria Santissima della Fontenova, la Mamma del Cielo sotto il cui sguardo sono sempre ritornata nel Santuario che io definisco il più bello del mondo e nell’anno giubilare per la nostra Diocesi, vivendo forte il senso di appartenenza a questa Chiesa, dove sono cresciuta e continuo a crescere».
Carlo Pellegrini