Riportiamo una sintesi del discorso pronunciato dal nostro Vescovo al teatro Pacini di Pescia, dopo aver ricevuto la Cittadinanza Onoraria della città.
Una parola esprime bene il mio mondo interiore, dal momento della mia nomina a Vescovo fino ad oggi: Stupore
Sono davvero stupito, meravigliato, sorpreso, persino stordito. Quando, nel Canone, (la preghiera centrale della S.Messa), si invoca il Signore per il Papa e per il Vescovo, il Vescovo prega dicendo “per me indegno tuo servo”, ebbene io vi assicuro che pronuncio queste parole con convinzione: mi sento davvero, inadeguato e manchevole.
Non è falsa umiltà, per tanti aspetti, mi sento davvero impari rispetto al compito affidatomi e se ho accettato a suo tempo è stato solo per riconoscenza nei confronti del Papa e di quanti mi avevano proposto, ma soprattutto per una grande fiducia nel Signore, nella sua guida e nella sua provvidenza.
Io sono arrivato in diocesi appena quattro anni fa e non ritengo in questo tempo di aver compiuto qualcosa di straordinario: ho cercato di svolgere il mio ministero nella Chiesa Pesciatina, con semplicità e fedeltà ai miei doveri, mettendo in gioco le mie povere capacità e le mie limitate energie, e soprattutto mettendo in gioco il cuore, come prometteva il motto del mio stemma. Ma può bastare?
Ho pensato spesso che Pescia, per me è stata l’occasione di iniziare proprio una nuova vita, di rinascere a 68 anni, in un luogo nuovo, con una nuova storia, nuovi riferimenti, nuove relazioni e una nuova missione…
Sono quindi grato oltremodo nei confronti del Sindaco e del Consiglio comunale che hanno deciso di accogliermi come cittadino “onorario” di Pescia, confermando questa mia nuova identità, riconoscendo questa mia nuova nascita, al di là dei miei meriti.
“Cittadino onorario”: in realtà l’espressione se da una parte indubbiamente è un titolo di vanto, dall’altra sembra indicare una meta da raggiungere, perché uno non pensi la sua cittadinanza in modo automatico.
Accetto con riconoscenza il dono immeritato e la graziosa sfida e vorrei che questa mia cittadinanza diventasse sempre più “una cittadinanza attiva”: prometto di svolgerla, nel tempo che rimarrò con voi, con il massimo dell’impegno, con discrezione e umiltà, ma anche con passione, nei limiti e nel rispetto delle diverse funzioni e competenze, senza ingerenze improprie, ma con la partecipazione di tutto me stesso, con lealtà e sincerità.
Che cosa mi propongo nei riguardi della mia città?
Mi propongo innanzi tutto di fare il mio dovere di Vescovo che è quello stesso della Chiesa nella storia: annunciare il Vangelo.
E il Vangelo è per tutti senza esclusioni. E’ la proclamazione di un Dio che ama e sempre perdona nel nome del Figlio crocifisso e risorto. Per questo Gesù ha accolto tutti e si è posto in dialogo con tutti senza nessun rifiuto pregiudiziale, perché ogni essere umano abbia la possibilità di salvarsi, di trovare un senso ai suoi giorni, di costruire una vita buona e buone relazioni d’amore con gli altri.
Mi impegno a pregare ogni giorno per la mia città e a fare il possibile perché abbia un’anima e un volto di sempre maggiore bellezza.
Quell’originale profeta della città che è stato Giorgio La Pira diceva che “l’architettura della città dell’uomo non può ricavarsi che dalla contemplazione della città di Dio”. E’ ciò che mi propongo di fare, come cristiano e come Vescovo, indicare sempre a tutti la Gerusalemme celeste, la meta verso cui muoversi.
E sempre secondo La Pira la città deve rispondere ad alcune esigenze fondamentali della persona; deve dare a tutti “un tempio per pregare, una casa per amare, un’officina per lavorare, una scuola per conoscere, un ospedale per guarire. Questa è l’anima e questo è il volto che vogliamo per la nostra città, in un impegno rinnovato per la salute e il lavoro per tutti, l’educazione delle nuove generazioni a valori autentici, l’attenzione alle famiglie, la vicinanza ai più deboli e ai più sfortunati.
La cattedrale restaurata e rinnovata, forse l’opera più significativa del mio episcopato.
Togliete la dimensione spirituale e la città diventerà un contenitore di macchine, di televisioni, di cellulari; e la vita cittadina diventerà un arengo dove si lotta per avere una macchina più lunga, un televisore più bello, un telefonino di ultima generazione. Ma si può vivere solo di macchine, di televisori, e di cellulari? È una vita umana? Non basta garantire all’uomo il possesso di molte cose; bisogna costruire un’umanità che sappia usare le cose con libertà e saggezza. La patrona di Pescia, S.Dorotea che tra poco andremo a omaggiare con un cestino di frutti e di fiori, ci protegga, ci illumini e ci offra i fiori e i frutti delle sue virtù.